Si è concluso a Roma “Giubileo in cammino”, la staffetta di FederCammini partita da Pistoia un mese fa. Il Papa ha preso al volo il cappellino simbolo dell’iniziativa
Nel cuore dell’anno giubilare, un’iniziativa silenziosa ma potente ha attraversato l’Italia centrale: “Giubileo in cammino”, una staffetta simbolica promossa da FederCammini, è partita il 4 maggio da Pistoia ed è giunta a Roma il 7 giugno, tessendo un filo di speranza, memoria e spiritualità lungo vie antiche come quella di San Giacomo, la Romea Strata e la via Francigena. Un viaggio lungo un mese che non è stato solo geografia e chilometri, ma un profondo percorso di incontro, riconciliazione e condivisione.
In un tempo che frammenta e accelera, il cammino torna a essere uno spazio di lentezza, di ascolto, di ritorno all’essenziale. “Camminare unisce, riconnette territori e persone”, afferma il presidente di FederCammini, Andrea Lombardi, e lo fa con la forza discreta di un gesto millenario: mettersi in viaggio. Camminare, oggi, è un atto culturale e sociale, ma anche politico nel senso più alto: scegliere di abitare lo spazio e il tempo in modo diverso, più umano, più sostenibile, più comunitario.
Il pellegrinaggio non si è limitato a toccare luoghi iconici come Siena, San Gimignano, Bolsena o Viterbo. Ogni tappa è stata un incontro vivo con le comunità locali, una scoperta delle tradizioni, dei sapori e della memoria che questi territori custodiscono. La “cena del pellegrino”, ad esempio, ha permesso ai viandanti di assaporare l’identità profonda dei luoghi, fatta di cucina, racconti, accoglienza e relazioni umane autentiche.
Ma “Giubileo in cammino” è stato anche un viaggio simbolico, carico di messaggi. Le bandiere dei diversi cammini, unite in un grande patchwork colorato, sono divenute metafora visiva di un’Italia ricca nella sua diversità, e capace di raccontarsi come un Paese unito dalla storia, dalla fede e da un desiderio comune di futuro condiviso. Oggi più che mai, le vie dei pellegrini si rivelano infrastrutture culturali vive, strumenti di dialogo tra epoche e territori, capaci di connettere le persone in un tempo che tende a dividerle.

La staffetta si è snodata lungo rotte medievali, fatte di biforcazioni, deviazioni, possibilità: percorsi flessibili, come flessibile dev’essere oggi l’approccio al cammino. Non si tratta di percorrere una linea retta, ma di seguire sentieri che si adattano al passo, alla stagione, al bisogno di accoglienza. È in questa libertà di traiettoria che il cammino diventa davvero inclusivo, accessibile a tutti, accogliente come le comunità che lo custodiscono.
Il momento culminante è stato l’arrivo a Roma, in coincidenza con la Messa di Pentecoste in Piazza San Pietro. E proprio qui si è verificato uno degli episodi più memorabili dell’intera staffetta: mentre il Papa passava in papamobile, ha riconosciuto i pellegrini di FederCammini. “Gli ho mostrato il nostro cappellino – racconta Lombardi – e lui ha annuito. Gliel’ho lanciato e lo ha preso al volo.” Un gesto semplice ma fortemente simbolico: il riconoscimento, da parte della Chiesa, di un cammino condiviso, di una speranza che si muove passo dopo passo.

In un Paese che troppo spesso fatica a riconoscersi nella sua stessa identità, il cammino si propone come strumento concreto di rigenerazione culturale e sociale. È un invito a rallentare, a riscoprire il senso dell’andare, a coltivare comunità. È un modo per rianimare borghi, territori e memorie, offrendo a tutti – pellegrini, cittadini, viaggiatori – la possibilità di camminare insieme.
“Giubileo in cammino” non è solo un evento: è una visione. È la dimostrazione che un altro modo di abitare l’Italia, più lento, più rispettoso e più partecipato, è non solo possibile, ma già in marcia.
